30 giugno 2009

Incontro tematico: "gli operai tarantini: dialogo con le generazioni del siderurgico"

A Taranto un incontro pubblico tra operai che hanno trascorso e terminato la propria vicenda lavorativa nel Siderurgico e giovani operai che temono e insieme sperano di fare la stessa cosa non è un avvenimento che riguardi la sola dimensione della fabbrica. Riguarda l'intera città, che dalla presenza dell'ILVA prende insieme vita e morte, in un ricatto i cui termini stupiscono gli altri paesi occidentali.

Lo stabilimento siderurgico di Taranto ha visto mutazioni interne talmente rilevanti che operai che hanno lavorato prima dell'era Riva e operai assunti dopo hanno difficoltà a discutere insieme della realtà di fabbrica: ciascuno dei due gruppi trova diversissime le situazioni descritte dall'altro.

Come stimolo alla discussione si potrebbero ritenere elementi da considerare importanti i processi degenerativi del tessuto sociale messi in moto da amministazioni municipali, a partire dalla giunta Battafarano, che subentrò alle tutto sommato buone amministrazioni Cannata; gli seguirono amministrazioni di “penta-partito" che, protrattesi fino agli inizi degli anni 90, crearono nella cittadinanza sentimenti che andarono dall'insoddisfazione all'indignazione.
Nel frattempo si producevano i processi di ristrutturazione interni al siderurgico, accompagnati da accordi sempre più penalizzanti per i lavoratori, che sottraevano conquiste sacrosante a tutto il mondo del lavoro.

Ricordiamo due avvenimenti che a nostro avviso segnarono fortemente quegli anni:
Primo: il processo di ridefinizione del siderurgico, con ristrutturazione finanziaria propedeutica alla svendita e con grandi tagli al numero degli operai e degli impiegati, eliminando anche qualche dirigente;
Secondo: ad accordi capestro in fabbrica, si aggiunsero accordi nazionali, come quello del luglio 1992, che bloccò lo scatto della scala mobile, seguito dal famigerato accordo del luglio ’93 che eliminò definitivamente il meccanismo che manteneva, nel bene e nel male, il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni e che diede spazio allo stravolgimento della contrattazione e dei processi di ristrutturazione.

Qui abbiamo trascurato i processi che riguardarono la classe operaia degli appalti ILVA e dell’indotto, che per alcuni versi furono più violenti che all’ILVA. Mentre non abbiamo nessuna idea di quello che accadeva nelle aziende del territorio. Insieme ai cambiamenti interni alla fabbrica, le mutazioni avvenute all'esterno, cioè nella città, sono state stupefacenti: da roccaforte meridionale del PCI (che nel quartiere operaio per antonomasia, Paolo VI, raggiungeva oltre il 50% dei voti), capace di esprimere amministrazioni pubbliche guidate da quel partito, Taranto ha visto un sindaco dal non rinnegato passato fascista eletto plebiscitariamente anche al Paolo VI; a lui è succeduta la giunta che ha dato luogo al dissesto più grande della storia d'Italia di un comune, prima di giungere all'attuale, instabile, situazione.

È come se Taranto, ospitando la sua realtà di fabbrica, fosse in grado di anticipare i grandi cambiamenti politici italiani: qui il disamore verso il partito che si diceva depositario degli interessi dei lavoratori ha preceduto in modo spettacolare quanto è poi accaduto nel resto della penisola; qui, col sindaco Cito si è dimostrato che lo spazio aperto da quella caduta di fiducia poteva essere riempito con atteggiamenti che, fingendo di interpretare coi toni l'indignazione diffusa, approfondivano culturalmente e praticamente le divisioni di classe che la sinistra parlamentare aveva consentito che si producessero, a partire da quella, famosa, tra "garantiti e non garantiti".

Tutto questo avrà avuto sicuramente un suo modo di esistere nella fabbrica tarantina, che ha forse contenuto la genesi del mutamento cittadino. È per analizzare le dinamiche passate con l'occhio volto al presente, è per capire quali possano essere attualmente i punti deboli del meccanismo che consente alla direzione della fabbrica un così incontrastato dominio, interno ed esterno allo stabilimento, che le generazioni di operai insieme coi cittadini presenti a questo dibattito sono invitate a porgere alla città le linee utili di interpretazione, sia del passato che del presente, affinché si possano costruire elementi di metodo che riescano a ridare un senso alla speranza. Che non potrà certo essere l'attesa di condizioni simili a quelle di un tempo ma dovrà sostanziarsi di intervento nel tessuto sociale per riprendere, in forme adeguate alla situazione attuale, quella combattività che ha migliorato in passato la vita della classe operaia e dell'intera cittadinanza.

22 giugno 2009

SUBURBANA FESTIVAL VI EDIZIONE 20-24 LUGLIO 2010
Campeggio Politico – Proiezioni-Dibattiti – Concerti
c/da San Michele in Triglie, SP 48 Statte - Crispiano KM 1

PROGRAMMA:

Martedì 20
Ore 17:00 Presentazione del Festival di Suburbana

Ore 21:00 Proiezione Documentario: “Popoli Oppressi: Movimenti, Lotte e Anticapitalismo dal Basso"

concerti
Ore 23:00

DJ Fonzie (Funk)
Robert8 (Funky/Hip Hop da Taranto)
Hacc (Hip-Hop da Taranto)




Mercoledì 21
Ore 19:00Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

GENOVA. ALCUNE RIFLESSIONI SULLA REPRESSIONE DAL 2001 A OGGI


Ore 23:00 Concerti:
Presentazione della compilation dedicata a Davide Cesare:

Resisto 2. RAP Militante dal Basso”
El Pueblo: Sciamano&Viviana (Hip-Hop da Taranto)
Dj Malatesta & Drowning Dog (Hip-Hop dalla California)
GenteStranaPosse(Hip-Hop da Palermo)
GFK (Hip-Hop da Taranto)
Leleprox (Drun 'n Bass)

Acero (Hip -Hop da Milano)

Cuba Cabbal (Hip-Hop da Pescara)



Giovedì 22
Ore 18:00 proiezione del lavoro fotografico: SMOKING CITY a cura di Manolo
Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

TRACCE DI MEMORIA

IL LAVORO DEI COMITATI DI QUARTIERE DALLA LORO NASCITA A OGGI
Ore 23:00 Concerti:
LE ORIGINI DEL RAGGAE ITALIANO:


Treble Lu Professore
Gopher
DjWar
PapaRicky
LuRudy (Reggae dal Salento)
Hunza Originalsalentostyle / (Reggae dal Salento)
Oronzo B (Reggae dal Salento)




Venerdì 23
Ore 18:30

Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

Il MIO: Il corpo delle Donne”

Ore 20:00

Proiezione autoprodotta dal Colletivo Omosessuale Ceneo Taranto



Ore 23:00 Concerti:
Moyenei ( Hip Hop / Reggae / Soul dal Cile-Messico) Manik B (Reggae / Dub / Hip Hop dal Messico)
Blood N'Roots (Roots/Dub da Paolo VI)
Dreadblock Hi-Fight ( Reggae/Roots/Dub da Taranto)
SFK (Hip -Hop da Palagiano)


Sabato 24
Ore :19:00 Assemblea Conclusiva

I BENI COMUNI: GESTIONE E AUTORGANIZZAZIONE”

Ore 23:00 Concerti:
Zuingoyouth (Reggae da Paolo VI)
Bimboombam (Reggae da Poalo VI)
I.P.VI (Elettro Hip-Hop da Paolo VI)
Strawmc (Hip-Hop da Paolo VI)
Bleedz & Giuseppe from TarantoMassiveRecords (Hip-Hop da Taranto)
Big Nose (Hip-Hop da Taranto)





PER TUTTA LA DURATA DEL CAMPEGGIO PREVISTI COLAZIONE, PRANZO E CENA.



Info: suburbanafestival.blogspot.com Prenotazione corsi e campeggio: comitato.di.quartiere@email.it tel: 392 8613690

13 giugno 2009

SUBURBANA 2009

Come ogni estate dal 2005, il Comitato di Quartiere Città Vecchia Taranto organizza il “Festival per l'Autorganizzazione Sociale di Suburbana”. Un appuntamento annuale per la città di Taranto, che ha rilievo soprattutto alla luce della carenza di iniziative in questo territorio. Quest’edizione sarà arricchita rispetto alle precedenti. Cinque giorni di espressione artistica e di riflessione sull'impegno sociale, in cui sarà possibile ascoltare della buona musica dal vivo, partecipare a seminari e corsi e discutere attorno ad alcune tematiche politiche. Per raggiungere questo obiettivo organizziamo un campeggio dove, in momenti collettivi, potremmo tutti affrontare alcune tematiche legate alla città di Taranto, e non solo. Assemblee che trattino temi a noi cari ma che non sono stati, a nostro giudizio, abbastanza dibattuti e discussi. Vorremmo analizzare la fase odierna, partendo da quello che fu il movimento di Genova, per arrivare alle questioni ambientali e del lavoro. Un campeggio che ci permetta di rimettere al centro dell'iniziativa sui territori soluzioni, percorsi e iniziative politiche di lungo respiro. Partiamo dal presupposto che dal Luglio 2001 a oggi non c'è stato sufficiente confronto sulle dinamiche in atto. Lo scontro enorme che si stava manifestando allora e che continua tutt’oggi ha fatto perdere di vista qualsiasi obiettivo, ha scandito tempi e ritmi lentissimi e lontani... ha negato, insomma, la politica, non ne ha fatto uno strumento di ricomposizione. La grossa sfida che dopo di allora il movimento lanciò contro la barbarie del conflitto armato e permanente, contro la frammentazione e la totale precarizzazione del lavoro e della vita, contro l'impoverimento delle risorse che fanno sopravvivere il pianeta non trovò forme organizzative adeguate a mettere in rete il grande potenziale, con il risultato che l’ondata di destra ha potuto dilagare, trovando come contrapposizione culturale nuova solo la fragile area dell'"antipolitica". Non ci riferiamo, alludendo al dilagare della destra, semplicemente a formazioni neofasciste, ma soprattutto alla complicità consociativa che il padronato italiano ha trovato nei due maggiori partiti parlamentari, quello di maggioranza e quello d'opposizione, per il perseguimento dei propri progetti di "profitto straccione", ricavato da impianti nocivi e pericolosi e da una legislazione sull'infortunistica mortale che tende a scaricare le responsabilità sui livelli più bassi delle gerarchie aziendali.
Tornando a Genova, invece di occuparci di un reale radicamento sui territori e di un modo di intervenire collettivamente nei processi globali, la continua rincorsa delle scadenze ha per la nostra area funzionato da oppiaceo e ha reso impossibile la costruzione di quell'altro mondo che si era proclamato, orgogliosamente e razionalmente, necessario. Se, per assurdo, gli otto riuniti nel palazzo di Genova avessero detto: “Va bene, noi andiamo via. Decidete voi” , come ci saremmo comportati? Avevamo gli strumenti teorici e pratici per ragionare insieme dei nostri destini? Avevamo interiorizzato quei principi di metodo che avrebbero permesso l’abbattimento della delega tra noi?. Abbiamo poi assistito, da parte dell’apparato dello stato, a varie operazioni contro qualsiasi soggetto politico-sociale avesse iniziativa. Quello che cominciò nei giorni di Genova si è poi riprodotto contro tutti e tutte coloro che hanno tentato di difendere i propri diritti. La soluzione, per i nostri governanti, è stata quella di cercare di seppellire sotto una montagna di provvedimenti repressivi ogni espressione autorganizzata del conflitto sociale o di puro dissenso alla guerra infinita e alle politiche neoliberiste Troppo spesso in questi anni ci siamo arroccati su posizioni ideologiche e autoreferenziali, metodi che già avevano diminuito moltissimo il loro funzionamento, allontanandoci sempre di più dalla gente. Quella stessa gente troppe volte resa passiva dalle autoreferenzialità istituzionali e ormai delusa dalle gerarchie, formali e informali.
Nella gente è cresciuta l’indifferenza, alimentata dal non trovare il modo di uscire dalla continua pressione che grava sul Paese e che ha gravemente lacerato il suo tessuto sociale negli ultimi 10 anni con un’accelerazione mostruosa. È proprio in questo frangente che s’inserisce il problema ambientale. Sentito "a pelle” da una gran parte della popolazione, si realizza in lotte e pratiche di autonomia, autogestione e solidarietà. Lotte che resistono con determinazione a politiche che aggrediscono i territori devastando il tessuto sociale e l'ambiente. Processi anche molto diversi tra loro per esperienza, composizione sociale, radicamento, forme di lotta ecc. che sono accomunati dal rifiuto di grandi opere, impianti inquinanti o nocivi (inceneritori, rigassificatori…), tutte cose che investono il territorio, travolgendone modi di vita e condizioni di esistenza. Manca però un confronto serio e oggettivo sui rispettivi percorsi, sulle difficoltà incontrate e le invenzioni necessarie per non arretrare; sulle forme di discussione e il modo per prendere le decisioni col massimo di partecipazione e condivisione; sul rapporto contraddittorio con i media e con le istituzioni. Ci siamo domandati come sarebbe possibile, in questo momento storico, cercare un confronto con le diverse anime che hanno composto le varie assemblee, per rilanciare in modo costruttivo e propositivo quel percorso che iniziò prima di Genova e che vide un vero protagonismo dal basso. In considerazione anche dell'urgenza posta dal gravissimo processo in atto: la riduzione progressiva dei diritti e degli spazi democratici, attuata dopo ogni tornata elettorale indipendentemente dal polo vincitore, e il conseguente assestamento dei subalterni in una dinamica di guerra tra poveri in cui la discriminazione degli immigrati con forme razziste e la penalizzazione dei meridionali con federalismo fiscale e gabbie salariali sono solo le tendenze più evidenti. In risposta, visto che le precedenti forme di militanza non sono state efficaci per il perseguimento dell'obiettivo della fuoriuscita dalla follia del capitalismo, siamo dell'idea di passarle attentamente al vaglio per salvare quello che è utile e costruire insieme metodi e cultura che ci pongano all'altezza della situazione.
Alleghiamo a questo documento il programma politico del campeggio per permettere a tutte le persone interessate di portare nei seminari il contributo delle proprie idee e della propria esperienza; non per creare intergruppi, coordinamenti o assemblaggi di organizzazioni ma per permettere una partecipazione più orizzontale e proficua, per chiarire sempre meglio le difficoltà del terreno di intervento e per organizzare ambiti di lavoro come persone di pari dignità che uniscono i loro sforzi per obiettivi importanti. Il nostro appello vuol pertanto anche consentire a tutti coloro – singoli o realtà collettive – che vogliano andare oltre la creazione dell'analisi, di entrare nella discussione delle iniziative e nella loro realizzazione.