19 luglio 2007

GENOVA NON SI DIMENTICA










Sei anni dopo quel grande movimento popolare che protestava contro organismi sovranazionali, come il G8, che nessuno aveva eletto e che pretendevano di decidere le sorti del pianeta, che ne è delle ragioni per le quali si manifestava?

La “macelleria” di Genova ora si è ampliata e riguarda interi popoli, che abitano terre strategiche perché ricche di petrolio; i diritti sociali continuano a ridursi sotto gli imperativi liberisti, come ben sanno i giovani della nostra provincia che devono scegliere, quando va bene, tra le precarietà mortificanti, i rischi dell’ILVA e le avventure militari. Per quanto riguarda l’ambiente, in Italia ci si trova a lottare contro progetti di alta velocità che forerebbero monti pieni di amianto, discariche devastanti in luogo di raccolte differenziate di rifiuti, basi statunitensi grandi e pericolose, progetti di inutili ma tangentiferi rigassificatori e, a Taranto in particolare, complicità di vario livello in favore di un complesso aziendale che ha livelli di sicurezza da terzo mondo.

Il movimento presente a Genova, nella sua trasversalità e nella sua molteplicità di culture e di connotazioni, (nonostante il tentativo dei media di regime di etichettarlo come un “cocktail” di giovani ribelli e amanti della contestazione) era in piazza nel giorno in cui si radunava il “club dei ricchi”, i padroni del mondo capaci unicamente di riunirsi per dirigere gli schemi di una globalizzazione vantaggiosa solo per chi detiene il potere di muovere grandi capitali, mentre è insensibile nei confronti dei problemi sociali e ambientali.

Ma i sei anni dopo Genova sono anche quelli caratterizzati da vuoti di memoria, fascicoli secretati e i buchi neri del processo Diaz.

A scatenare l’ondata di spiragli aperti e di nuovi scenari sono state le dichiarazione di Michelangelo Fournier (all’epoca del G8 di Genova vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma), sulle violenze presso la scuola Diaz, per cui 28 agenti sono sotto inchiesta.

Fournier dichiara: «Arrivato al primo piano dell’istituto ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana». «Sono rimasto terrorizzato e basito - ha spiegato - quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: “basta basta” e cacciai via i poliziotti che picchiavano».

Poco da aggiungere a queste sconvolgenti dichiarazioni, se non le recenti e altrettanto inquietanti registrazioni telefoniche riguardanti le conversazioni tra i poliziotti di stanza a Genova, i quali ridevano e festeggiavano “l’uno a zero per loro” (riferito ovviamente alla morte di Carlo Giuliani), oltre a fregiarsi dell’atto eroico nell’aver caricato i manifestanti, sbeffeggiati da loro con il nomignolo di “zecche”, in pieno stile fascista.

Il governo Prodi, a distanza di oltre sei anni, ha dato come unica risposta la promozione di due funzionari di polizia che furono tra i maggiori responsabili delle “macellerie” di Genova, mentre la commissione d’inchiesta sembra si voglia farla ormai passare come l’ennesimo capriccio della “sinistra estrema”.

Così le ferite di Genova sanguinano ancora, forse più' di prima. L'avvicendamento al vertice della polizia, per come e' stato gestito e per ciò che rappresenta, lascia aperta la frattura che si consumò nel luglio del 2001 fra forze di polizia e cittadinanza. Lascia aperta la lesione che fu inferta all'ordinamento democratico, non riscatta le istituzioni, che si rivelarono incapaci di impedire la sospensione dello stato di diritto.

Se la Costituzione venisse prima di tutto, come partiti ed istituzioni ripetono, ci saremmo aspettati nei giorni e nei mesi seguiti al G8 una serie di cose: una denuncia da parte del potere politico su abusi intollerabili, un'ammissione di colpa da parte della polizia, con l'avvio di una rigorosa inchiesta interna e le dimissioni del massimo responsabile del corpo e l’avvio di una commissione d'inchiesta sull'intera gestione dell'ordine pubblico durante il G8. E' quanto avverrebbe in un paese autenticamente democratico, rispettoso delle leggi e della sua Costituzione.

Invece nulla.

Anzi,la contrazione della democrazia è un’evidenza che si manifesta spesso in Italia. Gli esempi possono tramutarsi in un lungo e triste elenco.

Si va dagli operai di Melfi brutalmente caricati dalla polizia durante lo sciopero del 28 Aprile 2004i, dalla totale mancanza di rispetto per le popolazioni locali nella scelta e nella costruzione delle cosiddette grandi opere (vedi Tav, rigassificatori, discariche o la base Nato a Vicenza), fino al tentativo di sdoganare il fascismo, con il risultato che gruppi di squadristi che inneggiano all’intolleranza seminano aggressioni ai danni di immigrati, omosessuali e chiunque rappresenti una diversità in tutto il paese.

Genova è solo l’apice di questo assurdo percorso che l’Italia ha imboccato a grande velocità .

Oggi, a sei anni di distanza da quei tragici giorni, il fattore più importante da capire è che Genova non è solo il ricordo di un ragazzo morto e del dolore della sua famiglia, bensì il tentativo da parte delle forze di polizia, dello stato e del capitale di cancellare le ragioni di una grande moltitudine di persone,di un movimento intero. Ragioni che rimangono tutte, purtroppo più forti di prima, e che ci invitano a organizzarci ancora meglio di quanto abbiamo fatto.

VENERDI 20 LUGLIO_Comitato_di_Paolo VI_dalle_ore_18

Proiezioni di video, banchetti informativi, materiale fotografico sul G8 di Genova

SABATO 21 LUGLIO_Piazza Garibaldi_dalle_ore_18

PRESIDIO INFORMATIVO e DIBATTITO con chi ha vissuto l'esperienza di Genova 2001

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