16 luglio 2009

ACTITUD MARIA MARTA


Per la prima volta in Puglia e con un'unica data
Suburbana Festival ha il piacere di annunciare


Sabato 25 Luglio


Actitud María Marta
storico gruppo di donne militante argentino.
Actitud María Marta attinge da una vasta cultura musicale latinoamericana e giamaicana, fondendo hip hop, ragga, r&b, reggae e mettendo in rima e musica le storie sociali, il conflitto, la rabbia e la passione sudamericani.
Il gruppo di Buenos Aires ha condiviso il palco con artisti come Manu Chao, Wailers, Mad Professor, Public Enemy, Vico C, K’naan e Cypress Hill e si è esibito a sostegno di diversi eventi e progetti politici e sociali.
¡Con Actitud María Marta bailar y pensar es compatible!

2 luglio 2009

DOCUMENTO DI INTRODUZIONE ALLA DISCUSSIONE AMBIENTALE PREVISTA IN SUBURBANA '09.

Le politiche economiche ed ambientali che, su scala globale, hanno guidato il profitto fino ad ora si sono rivelate nei fatti distruttive, se non catastrofiche. In un sistema realmente democratico, l’agenda economica coincide con l’agenda politica. Quando della prima si appropriano i sistemi di potere economico, come le multinazionali e le grandi industrie, le scelte programmatiche per l’economia vengono prese esclusivamente nell’ottica dell’incremento degli utili e a discapito dei diritti e della libertà delle popolazioni. Intanto, alla politica collusa non resta che raccattare voti spostando l’attenzione su temi della sicurezza, dell’etnia e della religione, che hanno il fondamentalismo e il ritorno delle destre come conseguenze naturali.
L'uso sconsiderato di combustibili fossili ha delineato un quadro quantomeno allarmante, basta pensare all'inquinamento ad esso annesso che ha già provocato alterazioni climatiche, desertificazione ed inondazioni colossali. La politica istituzionale mondiale, guidata dalla Banca mondiale, dal Fmi e dal Wto, tuttavia, non ha mai veramente cambiato rotta, nonostante il trattato di Kyoto e i numerosi accordi continentali per l’abbattimento della produzione di CO2.
In questo scenario l'Italia è senza dubbio una delle nazioni più arretrate di Europa: di fronte all'impoverimento globale dei combustibili fossili, l'Italia proclama una politica energetica improntata su rigassificatori e mega-centrali termoelettriche e rilancia l'idea delle centrali nucleari, anziché puntare sulle energie rinnovabili. La dismissione delle centrali nucleari nelle altre nazioni d'Europa (una per tutte, la Francia) non è recepita dalle leadership italiane. Anzi, si alimenta a gran voce l'idea di affrontare la questione energetica con centrali nucleari di IV generazione (omettendo colpevolmente che questa tecnologia sarà commerciabile, nel migliore dei casi, tra vent’anni) o di III (le stesse che si stanno costruendo in Svezia, nonostante l’annuncio di un futuro aumento del prezzo energetico, perché con i costi attuali il bilancio energetico di una centrale nucleare non è sufficiente neanche a coprire le spesse per la costruzione dell'impianto), senza alcun chiarimento su quali saranno i siti per gli impianti e sulle modalità con cui verranno smaltite le scorie.
Un altro tipico esempio, tutto italiano, di scelte dettate dai legami tra partiti, mafie e lobbies imprenditoriali è dato dalla proliferazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti, che vengono presentati come impianti per la produzione di energia alternativa, innocui se dotati delle giuste tecnologie ed indispensabili per chiudere il ciclo dei rifiuti.
Queste rassicuranti “informazioni istituzionali” sono state puntualmente smentite dalle varie realtà popolari nate spontaneamente nelle zone in cui si proponevano tali impianti.
E’ sufficiente un’analisi molto superficiale delle proposte istituzionali per evidenziare come gli inceneritori non possano assolutamente chiudere il ciclo dei rifiuti. Anzi, scelte di questo tipo rallentano di diversi anni l’instaurazione di una politica per i rifiuti realmente sostenibile, fondata sul riutilizzo e sull’uso esclusivo di materiali riciclabili, rendendo croniche le mancanze di spazi e la sottrazione di risorse pubbliche in favore di interessi privati.
Dal punto di vista tecnico, inoltre, è evidente come tali impianti non siano in grado di recuperare più energia di quanta ne spendano per incenerire i rifiuti (trasformandoli in rifiuti altamente tossici di tipo B da smaltire in discariche speciali), richiedendo quindi lauti contributi economici pubblici, e come il loro impiego sul territorio sia altamente distruttivo dal punto di vista della salute dei cittadini e per le generazioni future, visti i rischi sanitari (immediati ed antropogenici) legati all'inquinamento da diossine e nanoparticelle.
Le analisi perpetrate nei vari presidi popolari portano tutte alle medesime conclusioni: non si possono spiegare scelte quali inceneritori e centrali nucleari se non sulla base di speculazioni finanziarie scellerate e fortemente nocive dal punto di vista della salute.
Riteniamo che i successi maggiori ottenuti nei presidi popolari siano il frutto di una politica volta alla socializzazione delle conoscenze ed alla trasversalità delle fonti, metodi che hanno prodotto risultati fruttuosi per la costruzione della controinformazione sulle questioni ambientali e che possono rivelare tutta la loro potenza se messi a disposizione della politica: i movimenti che meglio hanno ipotizzato strategie alternative e virtuose sui territori sono proprio quelli che hanno basato la loro essenza sull'assenza della delega e la condivisione delle conoscenze.
Proponiamo all'interno di suburbana un dibattito in cui si presenteranno le varie nocività, nascoste dall'informazione istituzionale, delle attuali politiche ambientali e le soluzioni possibili elaborate dai cittadini per riappropriarsi del proprio futuro e non essere maledetti dalle generazioni future. Per gettare le basi di una rete provinciale che lavori per la realizzazione delle proposte dei cittadini mediante diffusione di informazioni e di pratiche di riciclaggio mirate al riutilizzo dei materiali.
Vorremmo per questo analizzare i forti interessi speculativi presenti nel Sud, a mezzo di intrecci politico-malavitosi che non possono essere affrontati per vastità e complessità da singole realtà locali, ma che necessitano assolutamente di basi solide ed allargate, per evitare la sindrome NIMBY (“non nel mio giardino”) e tentare di riprendersi quegli spazi di vita e di salute pubblica che ci sono stati indebitamente sottratti senza alcuna logica e senza alcun preavviso.
Cogliamo l'occasione quindi per invitare tutti i cittadini e le realtà che si battono in difesa dei loro territori, per allargare le conoscenze collettive attraverso una socializzazione delle risorse intellettuali per cominciare a chiudere un cerchio sull'analisi delle specifiche del nostro territorio e concretizzare le proposte di ogni singola realtà in ragione del bene comune dell’intera comunità.


DOCUMENTO DI INTRODUZIONE ALLA DISCUSSIONE SUI MASS MEDIA PREVISTA IN SUBURBANA '09.

Il sistema dei mass-media italiani e più in particolare quello informativo rappresentano certamente un errore d'interpretazione della funzione di ciò che doveva essere originariamente il 4° potere; "se altrove il giornalismo è il cane da guardia del potere in Italia è il cane da compagnia". Tratterebbesi di considerazione scialba se non fosse che la situazione odierna è frutto di un disegno ben preciso che viene da molto lontano. Correva l'anno 1976 quando Licio Gelli, venerabile maestro della loggia coperta P2, ultimava la stesura del suo piano di rinascita democratico. Alcune parti di quel documento, maldestro nella forma ma significativo nei contenuti, indicavano quali fossero i passi necessari da seguire per l'acquisizione totale del sistema informativo. In un intervista del 2003 a Repubblica, Gelli si dice - sereno al risveglio mattutino vedendo che il suo piano va realizzandosi - ; trova anche il tempo di essere ironico il “venerabile” aggiungendo che forse gli andrebbe riconosciuto il copyright. 40 anni circa per vedersi compiere il piano ma forse neanche il suo ideatore aveva sperato che potesse essere così risoluta la sua riuscita. Focalizzando maggiormente l'attenzione, vorremmo porre l'accento su quello che è stato il fenomeno più rilevante della programmazione di Gelli. Il sistema televisivo italiano è sicuramente stato l'habitat naturale per la realizzazione del piano di rinascita. Non a caso è stato proprio un alfiere della P2 a mettere le mani sulle TV prima e sulla politica successivamente. Silvio Berlusconi, tessera P2 1816, colluso a vario titolo con aree ambigue di cosa nostra, non che' attuale e tre volte presidente del consiglio, è la prova vivente del verificarsi delle teorizzazioni Gelliane. Il cavaliere di Arcore fu il primo ad assecondare le esigenze d'infiltrazione mediatica della loggia. La scalata alla RCS di fine anni 70, la rottura del monopolio televisivo RAI, la vicenda rete4-europa7, il conflitto d'interessi, le leggi ad personam in materia televisiva, la nuova scalata alla RCS del 2005 sono solo tappe storiche di quell'ascesa inarrestabile. Uno scenario che solo a descriverlo delinea i tratti del colpo di stato ma che negli effetti culturali supera fors' anche quegli politici.
Dire che la tv è un laboratorio di manipolazione del pensiero è un affermazione parziale in quanto molti indicatori ci lasciano presupporre che la mira si sia spostata più in alto trasformando la TV in un vero e proprio sistema di sostituzione del pensiero. il sistema televisivo è diventato con il trascorrere degli anni uno strumento di controllo della coscienza di massa. L'intensificarsi dell'utilizzo, con sempre meno senso critico d'approccio sono le cause che determinano questa situazione ma sono anche gli spunti della programmazione di Gelli.
La città di Taranto ha avuto anche da questo punto di vista un ruolo di laboratorio di sperimentazione politica di ciò che sarebbe stato il berlusconismo. Il primo telepredicatore a scendere in politica è infatti Giancarlo Cito: tarantino purosangue, picchiatore fascista, ex sindaco di Taranto, ex parlamentare italiano ed europeo, non che' ex detenuto per concorso esterno in associazione mafiosa. Sebbene Cito non figurasse nelle liste segrete della P2, molteplici sono i legami di conoscenze e di affinità politica che lo legano al sodalizio gelliano. Da metà degli anni Ottanta, Cito con le sue televisioni selvagge ha promosso un attività incessante di bombardamento mediatico, ripetendo all'infinito le sue invettive, svuotandole da ogni contenuto,divenendo di fatto un leader populista acclamato in città. La creazione del consenso politico attraverso lo strumento televisivo è dunque un fenomeno che la nostra collettività conosce per averlo vissuto in prima persona ed in anteprima nazionale. Il fenomeno Cito si spense solo grazie alla sua spregiudicatezza che lo condusse prima in tribunale poi in carcere salvo tornare attualmente prepotentemente in voga ed alle origini.
Negli anni Ottanta numerosi furono gli sforzi dei compagni tarantini per denunciare una situazione oltre i limiti della decenza democratica, ma questo non bastò a mettere la parola fine sull'epopea del telepredicatore Giancarlo Cito, oggi nuovamente in auge. Dinnanzi a questa situazione viene spontaneo interrogarsi su quali possano essere i passi da compiere verso una possibile inversione di tendenza. Le sinistre parlamentari si sono opposte solo blandamente e con molto ritardo accumulato sull'evolversi dei fatti e quasi sempre solo in funzione elettoralistica ed antiberlusconiana, determinando quel sistema di connivenza chiamato inciucio. Le sinistre extraparlamentari hanno abbandonato anche la sola denuncia, ritenendosi estranee a queste vicende. Le uniche vere voci discordanti finiscono, purtroppo, con l'essere quelle dei dipietristi e di qualche altro uomo “libero” che seppur di destra non riesce a concepire questo sistema di nuova dittatura. Ampliando il discorso, la mancanza di una vera opposizione si verifica e si ripercuote su ogni aspetto all'attenzione dell'agenda politica. Il precipitare dei diritti democratici ottenuti con anni di lotte è una tendenza che mira a stravolgere i minimi criteri per cui si possa definire democratico il nostro paese. In questo modo i mass-media divengono prima megafono e poi banco di prova per ogni genere di esperimento antidemocratico, innescando un circolo vizioso in cui è difficile individuare e distinguere cause ed effetti.
Da questi infelici presupposti vorremmo partisse una riflessione comune su quali siano stati gli errori commessi dalle aree sinistre che non hanno promosso un opposizione efficace allo strapotere del controllo televisivo. Gli esperimenti nati sul modello delle tv di quartiere sono state una risposta marginale se non propriamente di nicchia. L'avanzare incessante delle innovazioni tecnologiche non attenua una situazione che ci vede sempre più attardati e che avvantaggia inevitabilmente chi il sistema dei mass-media già controlla. I nuovi scenari che si apriranno con l'innovazione tecnologica del digitale terrestre potrebbero essere un primo banco di prova analitica al quale non sottrarsi. Se da un lato si libereranno nella rete via cavo centinaia di frequenze su cui poter trasmettere sul modello delle tv di quartiere, d'altra parte è di difficile interpretazione quale possa essere il ruolo del cavo nella nuova era digitale della comunicazione; tanto che al riguardo sarebbe opportuno uno studio approfondito da organizzare e dibattere collegialmente.
Riunirsi per affrontare una discussione totale riguardo questi aspetti, potrebbe essere il primo passo verso la restituzione al popolo di uno strumento così tanto coinvolgente nell'aspetto ludico quanto devastante dal punto di vista sociale. Se è vero che il divario appare oramai incolmabile è pur vero che per presupporre una possibile riappropriazione, occorre adesso occuparsene per vederne i risultati tra qualche decennio. I nostri nemici hanno avuto la pazienza opportuna per praticare metodologie e per raccoglierne i frutti politici. Intraprendere una discussione serrata è il primo passo anche per non trovarci nuovamente impreparati nei confronti dei nuovi sistemi che si affacciano alla finestra dell'informazione che più sempre si appiattisce sulla conservazione del controllo delle masse. Internet, seppur già si espleta come un sistema controllato, offre ancora ampi margini d'inserimento a chi vuol far si che la conoscenza sia una questione collettiva e non uno strumento dei padroni per continuare a perpetrare la disintegrazione del pensiero individuale sostituendolo con un precario intendere di massa. Stringerci attorno a questa discussione, mettere in circuito le conoscenze di ognuno per migliorare le condizioni di tutti è lo stimolo che ci deve spingere per uscire dalla messa in onda delle prove tecniche di dittatura. L'incontro si terrà mercoledì 22 luglio 2009 alle ore 18.00 all'interno degli spazi del festival dell'autorganizzazione sociale SUBURBANA, in località San Michele in triglie, strada provinciale 48 Statte-Crispiano km1.
Siete invitati a partecipare e a divulgare il documento ai vostri contatti.

30 giugno 2009

Incontro tematico: "gli operai tarantini: dialogo con le generazioni del siderurgico"

A Taranto un incontro pubblico tra operai che hanno trascorso e terminato la propria vicenda lavorativa nel Siderurgico e giovani operai che temono e insieme sperano di fare la stessa cosa non è un avvenimento che riguardi la sola dimensione della fabbrica. Riguarda l'intera città, che dalla presenza dell'ILVA prende insieme vita e morte, in un ricatto i cui termini stupiscono gli altri paesi occidentali.

Lo stabilimento siderurgico di Taranto ha visto mutazioni interne talmente rilevanti che operai che hanno lavorato prima dell'era Riva e operai assunti dopo hanno difficoltà a discutere insieme della realtà di fabbrica: ciascuno dei due gruppi trova diversissime le situazioni descritte dall'altro.

Come stimolo alla discussione si potrebbero ritenere elementi da considerare importanti i processi degenerativi del tessuto sociale messi in moto da amministazioni municipali, a partire dalla giunta Battafarano, che subentrò alle tutto sommato buone amministrazioni Cannata; gli seguirono amministrazioni di “penta-partito" che, protrattesi fino agli inizi degli anni 90, crearono nella cittadinanza sentimenti che andarono dall'insoddisfazione all'indignazione.
Nel frattempo si producevano i processi di ristrutturazione interni al siderurgico, accompagnati da accordi sempre più penalizzanti per i lavoratori, che sottraevano conquiste sacrosante a tutto il mondo del lavoro.

Ricordiamo due avvenimenti che a nostro avviso segnarono fortemente quegli anni:
Primo: il processo di ridefinizione del siderurgico, con ristrutturazione finanziaria propedeutica alla svendita e con grandi tagli al numero degli operai e degli impiegati, eliminando anche qualche dirigente;
Secondo: ad accordi capestro in fabbrica, si aggiunsero accordi nazionali, come quello del luglio 1992, che bloccò lo scatto della scala mobile, seguito dal famigerato accordo del luglio ’93 che eliminò definitivamente il meccanismo che manteneva, nel bene e nel male, il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni e che diede spazio allo stravolgimento della contrattazione e dei processi di ristrutturazione.

Qui abbiamo trascurato i processi che riguardarono la classe operaia degli appalti ILVA e dell’indotto, che per alcuni versi furono più violenti che all’ILVA. Mentre non abbiamo nessuna idea di quello che accadeva nelle aziende del territorio. Insieme ai cambiamenti interni alla fabbrica, le mutazioni avvenute all'esterno, cioè nella città, sono state stupefacenti: da roccaforte meridionale del PCI (che nel quartiere operaio per antonomasia, Paolo VI, raggiungeva oltre il 50% dei voti), capace di esprimere amministrazioni pubbliche guidate da quel partito, Taranto ha visto un sindaco dal non rinnegato passato fascista eletto plebiscitariamente anche al Paolo VI; a lui è succeduta la giunta che ha dato luogo al dissesto più grande della storia d'Italia di un comune, prima di giungere all'attuale, instabile, situazione.

È come se Taranto, ospitando la sua realtà di fabbrica, fosse in grado di anticipare i grandi cambiamenti politici italiani: qui il disamore verso il partito che si diceva depositario degli interessi dei lavoratori ha preceduto in modo spettacolare quanto è poi accaduto nel resto della penisola; qui, col sindaco Cito si è dimostrato che lo spazio aperto da quella caduta di fiducia poteva essere riempito con atteggiamenti che, fingendo di interpretare coi toni l'indignazione diffusa, approfondivano culturalmente e praticamente le divisioni di classe che la sinistra parlamentare aveva consentito che si producessero, a partire da quella, famosa, tra "garantiti e non garantiti".

Tutto questo avrà avuto sicuramente un suo modo di esistere nella fabbrica tarantina, che ha forse contenuto la genesi del mutamento cittadino. È per analizzare le dinamiche passate con l'occhio volto al presente, è per capire quali possano essere attualmente i punti deboli del meccanismo che consente alla direzione della fabbrica un così incontrastato dominio, interno ed esterno allo stabilimento, che le generazioni di operai insieme coi cittadini presenti a questo dibattito sono invitate a porgere alla città le linee utili di interpretazione, sia del passato che del presente, affinché si possano costruire elementi di metodo che riescano a ridare un senso alla speranza. Che non potrà certo essere l'attesa di condizioni simili a quelle di un tempo ma dovrà sostanziarsi di intervento nel tessuto sociale per riprendere, in forme adeguate alla situazione attuale, quella combattività che ha migliorato in passato la vita della classe operaia e dell'intera cittadinanza.

22 giugno 2009

SUBURBANA FESTIVAL VI EDIZIONE 20-24 LUGLIO 2010
Campeggio Politico – Proiezioni-Dibattiti – Concerti
c/da San Michele in Triglie, SP 48 Statte - Crispiano KM 1

PROGRAMMA:

Martedì 20
Ore 17:00 Presentazione del Festival di Suburbana

Ore 21:00 Proiezione Documentario: “Popoli Oppressi: Movimenti, Lotte e Anticapitalismo dal Basso"

concerti
Ore 23:00

DJ Fonzie (Funk)
Robert8 (Funky/Hip Hop da Taranto)
Hacc (Hip-Hop da Taranto)




Mercoledì 21
Ore 19:00Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

GENOVA. ALCUNE RIFLESSIONI SULLA REPRESSIONE DAL 2001 A OGGI


Ore 23:00 Concerti:
Presentazione della compilation dedicata a Davide Cesare:

Resisto 2. RAP Militante dal Basso”
El Pueblo: Sciamano&Viviana (Hip-Hop da Taranto)
Dj Malatesta & Drowning Dog (Hip-Hop dalla California)
GenteStranaPosse(Hip-Hop da Palermo)
GFK (Hip-Hop da Taranto)
Leleprox (Drun 'n Bass)

Acero (Hip -Hop da Milano)

Cuba Cabbal (Hip-Hop da Pescara)



Giovedì 22
Ore 18:00 proiezione del lavoro fotografico: SMOKING CITY a cura di Manolo
Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

TRACCE DI MEMORIA

IL LAVORO DEI COMITATI DI QUARTIERE DALLA LORO NASCITA A OGGI
Ore 23:00 Concerti:
LE ORIGINI DEL RAGGAE ITALIANO:


Treble Lu Professore
Gopher
DjWar
PapaRicky
LuRudy (Reggae dal Salento)
Hunza Originalsalentostyle / (Reggae dal Salento)
Oronzo B (Reggae dal Salento)




Venerdì 23
Ore 18:30

Proiezione Documentario e Mostra Fotografica:

Il MIO: Il corpo delle Donne”

Ore 20:00

Proiezione autoprodotta dal Colletivo Omosessuale Ceneo Taranto



Ore 23:00 Concerti:
Moyenei ( Hip Hop / Reggae / Soul dal Cile-Messico) Manik B (Reggae / Dub / Hip Hop dal Messico)
Blood N'Roots (Roots/Dub da Paolo VI)
Dreadblock Hi-Fight ( Reggae/Roots/Dub da Taranto)
SFK (Hip -Hop da Palagiano)


Sabato 24
Ore :19:00 Assemblea Conclusiva

I BENI COMUNI: GESTIONE E AUTORGANIZZAZIONE”

Ore 23:00 Concerti:
Zuingoyouth (Reggae da Paolo VI)
Bimboombam (Reggae da Poalo VI)
I.P.VI (Elettro Hip-Hop da Paolo VI)
Strawmc (Hip-Hop da Paolo VI)
Bleedz & Giuseppe from TarantoMassiveRecords (Hip-Hop da Taranto)
Big Nose (Hip-Hop da Taranto)





PER TUTTA LA DURATA DEL CAMPEGGIO PREVISTI COLAZIONE, PRANZO E CENA.



Info: suburbanafestival.blogspot.com Prenotazione corsi e campeggio: comitato.di.quartiere@email.it tel: 392 8613690

13 giugno 2009

SUBURBANA 2009

Come ogni estate dal 2005, il Comitato di Quartiere Città Vecchia Taranto organizza il “Festival per l'Autorganizzazione Sociale di Suburbana”. Un appuntamento annuale per la città di Taranto, che ha rilievo soprattutto alla luce della carenza di iniziative in questo territorio. Quest’edizione sarà arricchita rispetto alle precedenti. Cinque giorni di espressione artistica e di riflessione sull'impegno sociale, in cui sarà possibile ascoltare della buona musica dal vivo, partecipare a seminari e corsi e discutere attorno ad alcune tematiche politiche. Per raggiungere questo obiettivo organizziamo un campeggio dove, in momenti collettivi, potremmo tutti affrontare alcune tematiche legate alla città di Taranto, e non solo. Assemblee che trattino temi a noi cari ma che non sono stati, a nostro giudizio, abbastanza dibattuti e discussi. Vorremmo analizzare la fase odierna, partendo da quello che fu il movimento di Genova, per arrivare alle questioni ambientali e del lavoro. Un campeggio che ci permetta di rimettere al centro dell'iniziativa sui territori soluzioni, percorsi e iniziative politiche di lungo respiro. Partiamo dal presupposto che dal Luglio 2001 a oggi non c'è stato sufficiente confronto sulle dinamiche in atto. Lo scontro enorme che si stava manifestando allora e che continua tutt’oggi ha fatto perdere di vista qualsiasi obiettivo, ha scandito tempi e ritmi lentissimi e lontani... ha negato, insomma, la politica, non ne ha fatto uno strumento di ricomposizione. La grossa sfida che dopo di allora il movimento lanciò contro la barbarie del conflitto armato e permanente, contro la frammentazione e la totale precarizzazione del lavoro e della vita, contro l'impoverimento delle risorse che fanno sopravvivere il pianeta non trovò forme organizzative adeguate a mettere in rete il grande potenziale, con il risultato che l’ondata di destra ha potuto dilagare, trovando come contrapposizione culturale nuova solo la fragile area dell'"antipolitica". Non ci riferiamo, alludendo al dilagare della destra, semplicemente a formazioni neofasciste, ma soprattutto alla complicità consociativa che il padronato italiano ha trovato nei due maggiori partiti parlamentari, quello di maggioranza e quello d'opposizione, per il perseguimento dei propri progetti di "profitto straccione", ricavato da impianti nocivi e pericolosi e da una legislazione sull'infortunistica mortale che tende a scaricare le responsabilità sui livelli più bassi delle gerarchie aziendali.
Tornando a Genova, invece di occuparci di un reale radicamento sui territori e di un modo di intervenire collettivamente nei processi globali, la continua rincorsa delle scadenze ha per la nostra area funzionato da oppiaceo e ha reso impossibile la costruzione di quell'altro mondo che si era proclamato, orgogliosamente e razionalmente, necessario. Se, per assurdo, gli otto riuniti nel palazzo di Genova avessero detto: “Va bene, noi andiamo via. Decidete voi” , come ci saremmo comportati? Avevamo gli strumenti teorici e pratici per ragionare insieme dei nostri destini? Avevamo interiorizzato quei principi di metodo che avrebbero permesso l’abbattimento della delega tra noi?. Abbiamo poi assistito, da parte dell’apparato dello stato, a varie operazioni contro qualsiasi soggetto politico-sociale avesse iniziativa. Quello che cominciò nei giorni di Genova si è poi riprodotto contro tutti e tutte coloro che hanno tentato di difendere i propri diritti. La soluzione, per i nostri governanti, è stata quella di cercare di seppellire sotto una montagna di provvedimenti repressivi ogni espressione autorganizzata del conflitto sociale o di puro dissenso alla guerra infinita e alle politiche neoliberiste Troppo spesso in questi anni ci siamo arroccati su posizioni ideologiche e autoreferenziali, metodi che già avevano diminuito moltissimo il loro funzionamento, allontanandoci sempre di più dalla gente. Quella stessa gente troppe volte resa passiva dalle autoreferenzialità istituzionali e ormai delusa dalle gerarchie, formali e informali.
Nella gente è cresciuta l’indifferenza, alimentata dal non trovare il modo di uscire dalla continua pressione che grava sul Paese e che ha gravemente lacerato il suo tessuto sociale negli ultimi 10 anni con un’accelerazione mostruosa. È proprio in questo frangente che s’inserisce il problema ambientale. Sentito "a pelle” da una gran parte della popolazione, si realizza in lotte e pratiche di autonomia, autogestione e solidarietà. Lotte che resistono con determinazione a politiche che aggrediscono i territori devastando il tessuto sociale e l'ambiente. Processi anche molto diversi tra loro per esperienza, composizione sociale, radicamento, forme di lotta ecc. che sono accomunati dal rifiuto di grandi opere, impianti inquinanti o nocivi (inceneritori, rigassificatori…), tutte cose che investono il territorio, travolgendone modi di vita e condizioni di esistenza. Manca però un confronto serio e oggettivo sui rispettivi percorsi, sulle difficoltà incontrate e le invenzioni necessarie per non arretrare; sulle forme di discussione e il modo per prendere le decisioni col massimo di partecipazione e condivisione; sul rapporto contraddittorio con i media e con le istituzioni. Ci siamo domandati come sarebbe possibile, in questo momento storico, cercare un confronto con le diverse anime che hanno composto le varie assemblee, per rilanciare in modo costruttivo e propositivo quel percorso che iniziò prima di Genova e che vide un vero protagonismo dal basso. In considerazione anche dell'urgenza posta dal gravissimo processo in atto: la riduzione progressiva dei diritti e degli spazi democratici, attuata dopo ogni tornata elettorale indipendentemente dal polo vincitore, e il conseguente assestamento dei subalterni in una dinamica di guerra tra poveri in cui la discriminazione degli immigrati con forme razziste e la penalizzazione dei meridionali con federalismo fiscale e gabbie salariali sono solo le tendenze più evidenti. In risposta, visto che le precedenti forme di militanza non sono state efficaci per il perseguimento dell'obiettivo della fuoriuscita dalla follia del capitalismo, siamo dell'idea di passarle attentamente al vaglio per salvare quello che è utile e costruire insieme metodi e cultura che ci pongano all'altezza della situazione.
Alleghiamo a questo documento il programma politico del campeggio per permettere a tutte le persone interessate di portare nei seminari il contributo delle proprie idee e della propria esperienza; non per creare intergruppi, coordinamenti o assemblaggi di organizzazioni ma per permettere una partecipazione più orizzontale e proficua, per chiarire sempre meglio le difficoltà del terreno di intervento e per organizzare ambiti di lavoro come persone di pari dignità che uniscono i loro sforzi per obiettivi importanti. Il nostro appello vuol pertanto anche consentire a tutti coloro – singoli o realtà collettive – che vogliano andare oltre la creazione dell'analisi, di entrare nella discussione delle iniziative e nella loro realizzazione.